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Da sempre l’Alaska rappresenta nell’immaginario collettivo l’emblema della wilderness estrema, il confine ultimo della civiltà. The Last Frontier, come recita il soprannome ufficiale.
Eppure questo enorme territorio, selvaggio e inospitale, compreso tra Canada, Oceano Pacifico e Mar Glaciale Artico, ha costituito un ponte fondamentale per lo sviluppo storico dell’intero continente americano: soprattutto per i mutamenti introdotti dalla corsa all’oro del Klondike, la grande epopea pionieristica di fine 800 raccontata nei romanzi di Jack London.
A dominare l’Alaska è sempre la natura selvaggia, dalla sottile striscia costiera, frastagliata di fiordi, che s’insinua a Sud verso gli USA, senza mai congiungervisi (l’Alaska Panhandle), fino agli immensi spazi interni, che si innalzano nella mole poderosa del Monte Denali (in Inglese McKinley), con i suoi quasi 6.200 metri il rilievo più alto del Nord America, il terzo al mondo per prominenza, e alla ghirlanda delle Isole Aleutine, protese verso l’Asia. Per non parlare della costa settentrionale, il cosiddetto North Slope, in pieno Circolo Polare Articolo, desolata e spopolata, sotto il cielo algido e nero del Nord, fregiato dal bagliore distante dell’Orsa Maggiore, la costellazione che campeggia sulla bandiera dello Stato.
L’uomo è riuscito nei millenni a instaurare un rapporto, fatto di tenacia e rispetto, con questi territori tanto difficili quanto ricchi di risorse. Da secoli i nativi Iñupiat, Yupik, Aleutini, Eyak, Tlingit, Haida, e i coloni europei giunti in seguito, traggono sostentamento dalle risorse naturali dell’Alaska, in primis quella marina, che ancora oggi sostenta la florida industria della pesca.
Il turismo riveste un’importanza sempre crescente, grazia soprattutto all’ampia possibilità e stimolanti declinazioni di viaggio a cui dedicarsi: ecologiche, sportive, scientifiche, etnologiche, d’avventura. Con al fondo un elemento costante. La natura!